Spazi vuoti: dal Medioevo alla stampa digitale

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Minimalist Black and White Photography by Hossein Zare

Lo spazio vuoto, Il “bianco” è un elemento importante per dare eleganza, respiro, qualità a una pagina stampata (e non solo). 
Su iPrintDifferent avevamo già ospitato dei post su come bilanciare un progetto grafico grazie al “bianco” o come usarlo per creare grafiche di impatto. Ma, come si accennava anche in uno di questi post, far accettare l’utilizzo dello spazio vuoto su una pagina a un cliente o committente su cataloghi e riviste o su un Roll Up non è assolutamente impresa facile. E le cose vanno così da molto, molto tempo…

Vuoto? Aiuto! L’horror vacui

Il fatto è che al genere umano il concetto di vuoto è sempre piaciuto poco. Per gli antichi Greci il vuoto, semplicemente, non esisteva. Tutta colpa del cattivo rapporto tra i filosofi greci e il verbo essere: l’essere è, il non essere non è, e se il vuoto è non essere allora non esiste! Ci siamo capìti?

Pur di non pensare allo “spaventoso” vuoto i filosofi seguaci di Aristotele si erano inventati l’Antiperistasis: quando qualcosa si sposta è perché si sposta tutto ciò che le sta intorno, facendole spazio.

Che, a pensarci bene, è un po’ come pensare che l’universo sia composto da saponette scivolose che si muovono in continuazione…

Il ritorno degli spazi vuoti

Intanto i secoli passavano. L’Impero Romano diventava storia. I Barbari distruggevano la civiltà.

O almeno ci provavano, mentre i monaci nei loro scriptoria, le sale dei monasteri dedicate alla copiatura dei codici miniati, la civiltà cercavano di salvarla.

Durante le invasioni barbariche, e prima che i Vichinghi comincino le loro scorrerie, c’è un angolo sperduto d’Europa in cui si riesce a salvare il patrimonio classico, copia di manoscritto dopo copia di manoscritto, in relativa tranquillità. Quell’angolo sperduto è la verde isola d’Irlanda.

L’horror vacui non risparmiava di certo i monaci: le opere greche o latine venivano copiate, sì, ma senza soluzione di continuità tra una parola e l’altra. Perché, sì, avete capito bene: gli spazi vuoti tra le parole non esistevano.

Furono proprio i monaci irlandesi ad avere l’idea di introdurre il “bianco” tra una parola e l’altra, così da rendere i codici più leggibili. I monaci non lo sapevano, ma la lunga strada della grafica minimalista era iniziata!

codice miniato

Il vuoto e il bianco nella stampa digitale

E i monaci irlandesi non sapevano che tredici secoli più tardi il grafico da un lato e l’impaginatore dall’altro continuano a discutere e accapigliarsi, il primo per aggiungere e il secondo per togliere “bianco”, spazio vuoto.

Una cosa è certa: che si tratti di libri o cataloghi è sempre opportuno dare respiro alla pagina bilanciando i “vuoti” con i “pieni”, il “bianco” con il testo.

Nella progettazione grafica di manifesti o pieghevoli si può osare qualcosa in più in direzione della grafica minimalista che appunto predilige i “vuoti”, come per esempio in questa vuotissima reinterpretazione del manifesto del film Kill Bill.

Quanto al come i monaci irlandesi abbiano avuto l’idea della spaziatura tra le parole circolano strane leggende

Featured image: Minimalist Black and White Photography by Hossein Zare.

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