Poniamo che vogliate realizzare una tessera fedeltà con una raccolta punti per fidelizzare i clienti. Parlo di quelle tessere rilasciate spesso da caffetterie e gelaterie, che pongono un timbro ad ogni consumazione e a scheda completata vi premiano con un omaggio.
Si tratta di un ottimo strumento per la promozione della vostra attività; è infatti stato dimostrato: la motivazione a conseguire un obiettivo è un forte motivatore, che in questo caso viene usato per incentivare il cliente ad acquistare prodotti per arrivare al totale da raggiungere.
Ipotizziamo due alternative:
- Card 01 Prevede un layout con 10 caselle da timbrare.
- Card 02 Prevede un layout con 12 caselle, di cui 2 pre-timbrate e 10 da timbrare.
In realtà in ambo i casi i timbri da collezionare saranno 10, però la seconda tipologia di card dà l’illusione di un completamento più rapido, per il cosiddetto goal-gradient. Questo fenomeno è stato studiato da Clark Hull, che nel 1934 osservò dei topi intenti a raggiungere il cibo superando un labirinto: più l’obiettivo veniva percepito come vicino, più la loro velocità aumentava.
Non molti anni fa, Ran Kivetz riprende l’esperimento e applica il modello comportamentale degli animali sugli essere umani: con l’avvicinarsi del completamente della card, le persone frequentano con maggior frequenza il bar.
Per questo fenomeno, molte interfacce (web o di altro tipo) illustrano all’utente in modo chiaro quanto manchi al raggiungimento della “meta”.
Una volta tenuto a mente questo fattore, non si può però tralasciare il risvolto della medaglia: il post-reward setting, ovvero il crollo delle motivazioni all’acquisto successivamente al conseguimento dell’obiettivo, che in parte può essere aggirato con l’introduzione di premi a “livello di completamento”.
A questo punto sapete tutti i pro, ed alcuni contro, dell’utilizzo delle fidelity card, che ora siete finalmente pronti a mandare in stampa.
Lascia il tuo Commento: Discutiamone!